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LA SINDROME DELLA CAPANNA

Questa particolare condizione si verifica tipicamente dopo un lungo periodo di isolamento in casa, per il quale a seguito di esso si creano dei disagi emotivi e psicologici dati dall’idea di ritornare all’esterno, motivo per cui si collega molto bene al periodo di quarantena subito a causa del Covid19. Cercando di definire meglio di cosa si tratta è possibile innanzitutto affermare che sembra avere origine nei primi del Novecento, in particolare nell’età dell’oro negli USA quando gli uomini furono costretti a passare molto tempo all’interno di un luogo chiuso per poi sperimentare sentimenti di paura e ansia.

Quindi nello specifico questa sindrome, definita anche Sindrome del Prigioniero, si riferisce alla voglia di continuare a rimanere al sicuro all’interno della propria casa, in quanto il pensiero di uscire e di riprendere la normale vita di prima, quindi riprendere anche i contatti sociali e le relazioni, genera angoscia, paura e insicurezza. Provoca un disorientamento eccessivo dovuto all’idea di riprendere contatto con il mondo esterno e quindi, in riferimento alla pandemia, include la paura di poter contrarre il virus, la difficoltà a riprendere i ritmi quotidiani, oppure l’ansia legata alle limitazioni comportamentali tuttora in vigore (quali l’uso della mascherina, la distanza di sicurezza ecc).

Un quadro sintomatologico che può essere associato in generale a molteplici circostanze. I sintomi più comuni sono: episodi di irritabilità; tristezza, paura, angoscia, frustrazione; stato di letargia, sentirsi stanchi, avere difficoltà ad alzarsi al mattino, percepire malessere fisico, avere la necessità di riposare spesso; difficoltà di concentrazione, scarsa memoria; demotivazione. Non si tratta di un vero e proprio disturbo mentale, ma si associa ad una condizione particolare collegata ad un lungo periodo di isolamento. Poiché manca di letteratura e casistica, non è ancora riconosciuta completamente a livello psicologico e scientifico, ma alcuni dati registrano l’insorgenza di tale sindrome nelle persone che dopo un lungo ricovero hanno sviluppato insicurezza, paura e ansia verso il mondo esteriore. C’è da dire anche che la situazione di stress che abbiamo vissuto ha comportato una modifica di molte abitudini e un’alterazione talvolta dei ritmi circadiani, quindi alterando i ritmi di sonnoveglia aumenta conseguentemente anche il livello di cortisolo e quindi di stress percepito durante il giorno e questo comporta livelli più elevati di ansia libera o psicosomatica: la prima si riferisce a quell’ansia che non riesce ad essere mentalizzata in alcun modo, la seconda ha dirette conseguenze sul corpo, sull’alimentazione, sul sonno, sulla digestione ecc. In ogni caso è molto importante che, se i sintomi elencati prima dovessero persistere per più di tre settimane cronicizzando la già precaria situazione, sia richiesto l’aiuto di un professionista che possa intervenire per tempo e aiutare il soggetto a gestire meglio questi sentimenti di ansia. Infatti, a tal proposito, quali possono essere le strategie per affrontare la Sindrome della Capanna?

Accogliere le proprie emozioni: si tratta di una normale fase emotiva successiva ad un lungo periodo di isolamento; Prendersi cura di sé: piccoli gesti quotidiani per soddisfare i propri bisogni e desideri; Stabilire obiettivi: gestire il tempo senza dare spazio all’insorgere di pensieri e preoccupazioni eccessive; Organizzare una routine giornaliera: lavoro, gestione della casa, tempo libero, esercizio fisico; Sapersi ascoltare: se lo stato di paura diviene ingestibile e impossibile da controllare è importante esserne consapevoli. A causa di questo periodo complesso, i sintomi della Sindrome della Capanna potrebbero sottendere disagi pregressi ed è consigliabile cercare l’aiuto di un professionista; Bisogna trasformare in positivo quanto accaduto: una circostanza senza precedenti durante la quale la capacità di adattamento dell’uomo è stata elemento fondamentale, in quanto ha determinato la possibilità di riflettere sul valore dell’essenziale, dando rilievo all’importanza degli affetti e degli elementi vitali, ridimensionando l’utilizzo del superfluo. In linea generale è possibile dire che molti sono i disturbi che il periodo legato all’isolamento e alla comparsa del virus possono essere elencati, dalla mancata elaborazione del lutto causato dal Covid (quindi la mancata possibilità di andare a trovare i parenti o gli amici defunti, le pratiche funerarie completamente diverse da prima e l’impossibilità di stare vicini ai parenti della vittima), alla sindrome dell’evitamento che implica l’allontanamento dei pensieri negativi fino a ridicolizzare o banalizzare la situazione, tipica condizione di chi è non curante verso le attuali norme in vigore per contrastare la pandemia. Insomma molti sono gli strascichi che ci porteremo dietro, ciò che qui preme sottolineare è sempre quello di non sottovalutare la presenza di sintomi di ansia, depressione e angoscia soprattutto se prolungate nel tempo, ora più che mai è necessario essere consapevoli che non si può parlare davvero di salute se non c’è la salute psichica.


Dott.ssa Fabiola Pasetti

cell.:3271571177



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​Studio di Psicologia Pasetti

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