CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE: FEMMINICIDI E LOCKDOWN
- Dott.ssa Fabiola Pasetti

- 4 gen 2021
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 26 gen 2021
Si è già sentito ripetutamente parlare del fenomeno relativo all’aumento di violenza domestica e psicologica durante il periodo del lockdown avvenuto tra marzo e maggio 2020. In particolar modo il fenomeno non è limitato a episodi di violenza fisica ma arriva anche all’uccisione da parte di molti uomini delle loro partner donne; ecco quindi che, in occasione del 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza sulle donne, è necessario fare delle riflessioni su questo tema e soffermarsi su ciò che accade all’interno del contesto famigliare in una situazione del tutto inaspettata come la richiesta di starcene a casa per molte settimane. Sicuramente il lockdown ha messo alla prova la psiche di molti soggetti, ora a distanza di alcuni mesi ancora viviamo quest’angoscia perché si sa che il pericolo non è scomparso e non ci è ancora possibile fare dei programmi certi per il futuro, come semplicemente il prenotare un viaggio o una visita a dei parenti cari. Vivere in una situazione di incertezza e ansia ha però portato alcuni ad agire in modo violento contro le proprie partner, anche se è bene ricordare che queste azioni riguardano, di solito, soggetti con caratteristiche di personalità patologiche, come è il caso del narcisista patologico, quindi in seno a questi individui si ritrovano già dei vissuti complessi. Trovandosi in una situazione in cui ci è stato imposto di stare a casa, quest’ultima è spesso stata vissuta da molti come una prigione, una gabbia in cui le pressioni relative alla vita quotidiana e anche alle dinamiche coniugali o di coppia si sono esasperate a tal punto da sfociare in veri e propri omicidi. “Una ogni tre giorni. Sono i numeri delle donne uccise nei primi 10 mesi del 2020.” Sono numeri importanti, parole che fanno male solo a leggerle. Secondo il rapporto Eures sul femminicidio in Italia nell’analisi del fenomeno uno degli aspetti più rilevanti è la correlazione tra convivenza e rischio omicidario, vale a dire che circa l’80% di queste donne viveva durante la quarantena con il loro assassino. Per queste donne e i loro figli è stato difficile sottrarsi alle violenze che già precedentemente subivano da parte dei loro compagni/mariti, a causa di questa convivenza forzata e quotidiana è stato difficile perfino chiedere aiuto. Cosa vuol dire da un punto di vista psicologico? Si può affermare che questa situazione ha comportato un forte aumento dello stress: in alcuni casi il fatto di essere rimasti disoccupati, avere più figli da mantenere, aver subito un evento stressante come la chiusura della propria attività aziendale o commerciale, la conseguente perdita di guadagno sono tutti fattori correlati positivamente con l’aumento dello stress e quindi costituiscono un rischio per la salute mentale magari già precaria per alcuni individui con determinate caratteristiche di personalità o tendenze alla violenza. “Un partner violento non vuole rinunciare alla sua “preda” e mantiene un comportamento di controllo e di imprevedibilità che tende a creare paura e isolamento nella sua vittima”, ma nonostante questo i Centri Antiviolenza hanno registrato un calo delle richieste di aiuto, dovuto alla difficoltà per queste donne di rompere e spezzare questo legame tossico con il partner e la paura e l’isolamento a cui venivano continuamente sottoposte giorno dopo giorno, cosi come la difficoltà materiale di chiedere aiuto a qualcuno essendo sempre controllate dal partner. La psicologia della vittima, in questo caso della donna, è complessa e non si risolve semplicemente parlando con amici o familiari. E’ necessaria una ricostruzione psicoterapeutica che vada a ricostruire la storia evolutiva della donna e le ragioni per cui ha intrapreso una relazione rivelatasi alla fine tossica e violenta. Ciò che si è cercato quindi di fare è stato di mettere a disposizione delle forme di aiuto quasi tacito, come il chiedere in farmacia la mascherina “1522”, che rappresenta il numero di emergenza per le donne vittime di violenza e stalking, in questo modo era possibile denunciare una violenza domestica e far sentire protetta e tutelata la donna stessa che ha trovato il coraggio di chiedere aiuto, anche se a tal proposito è anche vero che le farmacie non hanno ricevuto linee guida sufficienti sul come comportarsi in casi come questi. Quindi, in occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne, come per il Covid 19, è necessario non bisogna abbassare la guardia, il virus dell’ indifferenza, della mancanza di sensibilità e rispetto verso le donne è sempre presente: è quindi compito dell’intera comunità attivare tutti i presidi necessari per la tutela e la protezione.
Dott.ssa Fabiola Pasetti
Psicoterapeuta Sistemico Relazionale
Instagram: @psicoterapeuta.fabiola.pasetti
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