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LA SALUTE MENTALE E IL SENSO DELLE COSE

Se ci mettessimo a riflettere sul senso delle cose e sugli elementi meno tangibili e percettibili della nostra vita, ci accorgeremo facilmente che questo richiede uno sforzo importante, in quanto non siamo abituati a soffermarci su di noi, ma siamo sempre rivolti verso l’esterno e il caos che dà movimento alla nostra vita. E se anche fossimo persone che tendenzialmente si soffermano a pensare a sé stesse, l’approccio con cui ci poniamo è spesso quantitativo e non qualitativo; per spiegarla meglio siamo costantemente alla ricerca di conferme da parte degli altri rispetto a ciò che possediamo sia materialmente sia in quanto persone, come per confermare il valore di sé e perché desideriamo tanto essere accettati socialmente. Per un adolescente il pensiero, l’autostima e i relativi disagi possono derivare, ad esempio, dalla quantità di follower che possiede nel social o da quanta visibilità ha all’interno dell’ambiente dei pari, ma ancora per altre persone l’”ossessione” maggiore è costituita dalla quantità di tempo che dedica ad un attività sportiva per raggiungere determinati obiettivi (quali perdere quantità di peso), ma non facendolo davvero per sé stessi o per vedersi meglio ed essere a proprio agio, ma al contrario spesso lo si fa per apparire in un certo modo all’esterno. Tutto questo può portare ad innescare dei meccanismi non sempre sani, arrivando talvolta a perdere il senso di ciò che si sta facendo e chi pagherà sempre il prezzo più alto saremmo sempre noi e la nostra psiche.

Trattando di questo tema, mi è venuto in mente Umberto Galimberti quando, nel suo libro “Psiche e Techne” parla di come siamo diventati degli uomini di “tecnica”, ovvero di come la nostra società sia basata sulla performance (lavorativa, sociale ecc), sulla tecnica, sul lavoro, sul fare cose, perdendo però di vista tutto ciò che ci sta intorno. Non a caso infatti psiche deriva dal greco e significa “ciò che sostiene e muove la natura”, tèchne significa “essere padrone e disporre della propria mente” (Platone, Cratilio). Ciò che Galimberti vuole cosi comunicare è che il nostro mondo si sta trasformando lentamente in un mondo dominato dalla tecnica ma che noi esseri umani forse non siamo pronti per affrontare questo cambiamento…”l’età della tecnica ha abolito questo scenario umanistico e le domande di senso che sorgono restano inevase..perchè non rientra nel suo programma (quello della tecnica) trovar risposte a simili domande” e ancora “la tecnica non tende ad uno scopo, non promuove un senso, non apre scenari di salvezza, non redime, non svela la verità…”.

Quindi questa crescente richiesta a cui ci espone la nostra società ci fa perdere la bussola rispetto a cosa realmente vogliamo noi e ci impedisce di capire cosa o chi vogliamo essere, su quali valori vogliamo fondare la nostra vita, quali obiettivi ci renderebbero davvero felici (e non quelli che rendono felici gli altri intorno a noi). Per chiedere davvero a noi stessi e al nostro io più interiore che cosa è più importante e cosa ci rende felici, dovremmo essere in grado di mettere in pausa, sospendere il giudizio verso di noi in primis, ma anche verso tutto ciò che ci circonda e riflettere, liberi da qualsiasi condizionamento esterno, lasciando che il flusso di pensieri, meglio conosciuto anche come stream of consciousness, prenda il sopravvento. Potremmo paragonare tutto questo ad un percorso terapeutico, infatti in seduta si è spesso mossi dal terapeuta a lasciare andare i nostri pensieri, si sa che è uno spazio che si dedica a sé stessi, libero di giudizi da parte del terapeuta stesso e che permette di associare liberamente, senza alcuna forma di censura, in una posizione che un importante autore postfreudiano, Bion, ha definito di “capacità negativa”, ovvero quella capacità di sospendere il giudizio, di fermarsi, di fare ciò che in filosofia si definisce “epochè”, ovvero esattamente sospendere l’assenso o il giudizio. E’ un grosso lavoro che dovremmo riuscire a mettere in atto anche nella nostra vita, quotidianamente, fermarci quando sentiamo e percepiamo che la nostra vita intorno sta correndo un po' troppo, che le cose a cui diamo importanza (come la quantità di cose che possediamo, di chili, di follower o di beni materiali) sono in realtà futili e che forse non ci rendono davvero felici come pensavamo o speravamo. L’importanza di prendersi un momento che sia davvero nostro e che permetta di mettersi in contatto con le parti più profonde del nostro io è legato proprio al benessere della nostra psiche e della salute mentale, in quanto il rischio è quello di ossessionarci e di fissarci con elementi e aspetti della nostra vita che ostacolano il sano e giusto evolvere della nostra persona, ma anzi comportano disagi psicologici da non sottovalutare.

Questo è il senso di fermarsi a pensare sulle cose, di smettere di pensare di costruire solo muri intorno a noi senza prestare attenzione a ciò che c’è all’interno di quelle mura, perché se crollano quei muri, ciò che rimane dell’arredamento al suo interno rischia di essere il fattore scatenante di una crisi emotiva ed esistenziale a cui mai avremmo pensato prima.


Dott.ssa Fabiola Pasetti

Psicoterapeuta Sistemico Relazionale

www.fabiolapasetti.com




 
 
 

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​Studio di Psicologia Pasetti

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