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L’Hikikomori forzato: l’isolamento sociale degli adolescenti

Aggiornamento: 26 gen 2021

La scelta del titolo non è sicuramente casuale in quanto, data la scarsa attenzione che la politica e le altre forze del Paese hanno dato alla presa in carico del benessere dei giovani e degli adolescenti in questo periodo, il ritiro sociale di quest’ultimi ha comportamento un aggravamento della già presente situazione di isolamento tipica di quel fenomeno che viene definito appunto “Hikikomori” dalla psicologia. Si tratta tipicamente di adolescenti che prediligono il ritiro nelle loro camere e che si connettono solamente a livello virtuale con gli altri, un modo come un altro per evitare le relazioni sociali a causa di timori e insicurezze.

Trovano quindi il loro modo per continuare a stare connessi col mondo senza però la necessità della presenza fisica; talvolta questa condizione patologica può essere tanto grave da richiedere l’intervento da parte di psicologi o psicoterapeuti con l’obiettivo di riportarli ad una corretta visione della realtà ed un’integrazione col mondo reale.

Quindi la natura di questo titolo è essenzialmente provocatoria, in quanto la pandemia causata dal Covid-19 ha comportato un isolamento ancora più forte per i giovani adolescenti che hanno visto perdere e sgretolarsi intorno a sé quelle poche certezze che possedevano, e che quindi in modo forzato e per il bene comune sono dovuti stare in casa obbligatoriamente, sviluppando non pochi disagi psicologici. Ecco quindi l’analogia tra il vero hikikomori, che sceglie volontariamente di stare a casa e l’adolescente che forzatamente ha dovuto starsene in casa a causa della pandemia.

Tipicamente si promuovono comportamenti che prevedono la disconnessione dalla realtà virtuale, da internet e quindi dall’uso eccessivo del cellulare, ma in un tempo storico come il nostro attuale, questi sono stati gli unici mezzi che hanno permesso ai giovani di mantenere i contatti sociali con i pari e di poter studiare attraverso la didattica a distanza.

E’ necessario sottolineare come la società in cui ci troviamo è competitiva e individualista e questo è il contesto in cui fin da piccoli si è inseriti, si assorbe quindi una cultura che si basa sulla competizione, sul compiere imprese importanti, sul fatto di dover diventare “qualcuno” o famoso e quindi di essere popolari. Venendo a mancare la possibilità di vivere la vera realtà, tutto questo si è progressivamente riversato sul mondo dell’internet: il focus è sul numero di likes ad un post, sulle visualizzazioni di un video, sul numero dei commenti e cosi via, innescando un circolo vizioso di pensieri ed emozioni negative qualora tutto ciò che ci si aspetta non si verificasse, quindi emozioni come vergogna, insicurezza, ruminazione e ansia fanno da sfondo ad un quadro di disagio che tipicamente fa già parte di questa fase di vita.

Il paragone tra l’autoreclusione degli Hikikomori e la reclusione forzata causata dalla pandemia riguarda i preoccupanti effetti che si stanno verificando, in particolare della correlazione elevata tra depressione e solitudine sia a breve che a lungo termine. La dott.ssa Loades, dell’Università di Bath, afferma sul Journal of the American Academy of Child & Adolescent Psychiatry che tale effetto può rimanere latente e che serviranno molti anni per capire fino in fondo l’impatto che il Covid-19 può avere sulla salute mentale. Anche se, nonostante ciò, la chiave per poter superare tutto questo potrebbe essere il fatto che questa esperienza non riguarda il singolo adolescente che si isola a causa dei sentimenti di colpa o vergogna che percepisce e non lo fanno vivere a pieno le più importanti esperienze di quel periodo della sua vita, ma colpisce tutti, in qualche modo si è tutti nella “stessa barca”.

La condivisione infatti di questa esperienza potrebbe essere un modo per farli avvicinare tra loro, per creare una sorta di comunità che li aiuti a superare un momento cosi difficile e sofferto, ma ovviamente tutto questo può avvenire solo se il contesto sociale intorno a questi giovani si preoccupa di loro e li stimoli verso questa direzione, ovvero un uso costruttivo e consapevole dei mezzi virtuali che hanno a disposizione. Questa esperienza sicuramente ci rimarrà nella pelle per molto tempo, i disagi psicologici che stiamo vivendo ora avranno sicuramente delle ripercussioni anche nel futuro a seconda ovviamente di come si è vissuto a livello personale il momento di lockdown, quindi quali condizioni ambientali e sociali hanno fatto da sfondo alla reclusione forzata. Per quanto concerne gli adolescenti si è registrato un maggior senso di solitudine, legato a sentimenti di ansia e depressione, in particolare in un articolo pubblicato da l’Espresso (del 15/12/20) vengono riportate le testimonianze di alcuni ragazzi relativamente al periodo di restrizione: “Le giornate erano monotone: mi svegliavo la mattina, facevo le video-lezioni, studiavo per il giorno dopo, mangiavo e andavo a dormire. Arrivata a un certo punto mi sentivo come se non stessi facendo niente della mia vita, mi sentivo male dentro…” o ancora “Non so se è positivo o negativo per una ragazzina della mia età piangere sul tempo che va sprecato….Ho 16 anni, e questi dovrebbero essere gli anni più belli della mia vita”. Da questi brevi racconti si evince il forte senso di inutilità che deriva dallo svolgere in sequenza le stesse cose ogni giorno, il senso di perdita di tempo in cui si ha la concreta percezione che nessuno ci restituirà il tempo che si è passati chiusi in casa e le esperienze che, di conseguenza, sono state perse. Tutto questo innesca una serie di sentimenti negativi ed è per questo che è utile e necessario che la famiglia sia una continua fonte di stimolazioni per l’adolescente, non solo come valvola di sfogo e quindi di comunicazione del proprio stato d’animo, ma che sia proprio la fonte da cui si possa trarre ispirazione per svolgere diversi tipi di attività, per reinventarsi e per riscoprire il piacere di passare del tempo con la propria famiglia. Ma cosa è possibile fare per aiutare gli adolescenti ad affrontare al meglio questo disagio? E’ sicuramente utile il supporto anche da parte della scuola, anche se a distanza, ma potrebbe essere utile anche creare dei progetti sociali che permettano al singolo di avere consapevolezza di non essere solo in questo, che normalizzino i sentimenti di inadeguatezza tipici di per sé di questa fase della vita e che prendano in carico l’intero sistema famigliare. Questa pandemia paradossalmente può essere il punto di inizio per poter maggiormente integrare i giovani nel mondo esterno, invece di rinchiudersi in una realtà che è solamente virtuale. Sicuramente non sarà facile e la strada è tortuosa ma i giovani di oggi costituiscono le personalità che popoleranno il nostro domani, ed è quindi necessario investire sul loro benessere per una vera e propria rinascita.


Dott.ssa Fabiola Pasetti

Psicoterapeuta Sistemico Relazionale

Instagram:@psicoterapeuta.fabiola.pasetti

cell.:3271571177




 
 
 

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​Studio di Psicologia Pasetti

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